2021



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Le fotografie

– Santa Maria Sopra Minerva, da Pinterest. – L’interno di Santa Maria Sopra Minerva di Roma, foto di Rudi Hesse, marzo 2021, da Google maps.

– La Cappella della SS. Annunziata, con l’ Annunciazione e il cardinale Torquemada che presenta le fanciulle povere alla Vergine, ca. 1485, autore Antoniozzo Romano, da romanonpertutti.com.

– La copertina dei “Fioretti di Roma” del 1897.

– Il monumento funebre di Santa Caterina da Siena all’altar maggiore, sec. XV, dal sito Viaggiatrice Curiosa.

– Il Redentore di Michelangelo, 1519-1320, da aletes.it


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FIORETTI DI ROMA – La SS. Annunziata di S. Maria Sopra Minerva


Nel 1897 mademoiselle J. Foulhouze pubblicò, presso Etiènne Auclaire, Moulins, Fioretti di Roma. Souvenirs et coutumes de Rome. Il libro faceva seguito a En Pèlerinage: Rome, Terre-Sainte, Egypte Et Provence del 1895 e precedeva Gerbe Romaine et d’Italie: Suite Aux Fioretti Di Roma (Histoire), 1900.
Di questa autrice non sappiamo molto. Leggendo i Fioretti, appare evidente la sua intenzione di descrivere i monumenti e gli usi civili e religiosi popolari delle più belle capitali del Cristianesimo ... alla quale fa seguire, in modo naturale e elegante, il suo apprezzamento.
Dai Fioretti, dunque, riprendiamo il ricordo della cappella della SS. Annunziata in Santa Maria Sopra Minerva e della pia tradizione del conferimento della dote alle povere ragazze romane.

Siamo al capitolo XXXII intitolato La «Santissima-Annunziata». Eglise de la Minerve – Un enterrement a Rome (La Santissima Annunziata. La chiesa della Minerva. Un funerale a Roma).

Il testo:

«Ecco Santa Maria della Minerva..., uno splendore! ...
Vasta, spaziosa, ricca di monumenti funebri, abbagliante, questa chiesa, l’unica dove possiamo trovare qualche traccia dello stile gotico delle nostre cattedrali in Francia, è stata magnificamente abbellita dai Padri Domenicani, suoi possessori.

È qui che si riunisce la pia associazione della Santissima Annunziata, che ogni anno eroga una dote a un numero considerevole di ragazze povere, opera ammirevole, sconosciuta ad altri paesi. Un dipinto, collocato nella quarta cappella di destra, ci mostra il suo fondatore [1460], un illustre domenicano divenuto cardinale, monsignor Torquemada [Jean, † 1468], che presenta due fanciulle alla Beata Vergine.
Il 25 marzo le ragazze soccorse si mettono in fila davanti al portone della chiesa, tutte vestite allo stesso modo, con un abito nero e un lungo velo bianco. Solo alcune si distinguono per le coroncine bianche: sono coloro che, chiamate a una vocazione superiore, rivolgono il loro cuore a Dio. Queste ricevono cinquanta scudi, «perché il denaro messo nelle mani della religione produce interesse per i poveri»; a ciascuna delle altre invece l’associazione dà circa trentatré scudi.
In passato, quel giorno, il Papa si recava alla Minerva, circondato dalla sua corte e dalla nobiltà romana, per presiedere questa toccante cerimonia. Donava a ciascuna ragazza, oltre alla somma che le spettava, un abito di sargia [stoffa leggera] bianco per la sua festa di nozze.
In questa stessa cappella dell’Annunciazione, troviamo, racchiusa nel muro, la tomba di questo pio e compassionevole spagnolo, Torquemada, che, seppur morto, presiede ancora alla sua amata opera. Di fronte è il monumento di Urbano VII, suo amico. Si mostrano poi a turno, davanti ai nostri occhi abbagliati: il crocifisso in pietre fini attribuito a Giotto, sublime ammiratore della natura, che dotò l’Italia di questa bella industria musiva che è ancora una delle ricchezze di Roma; poi la dolce Vergine dell’Angelico da Fiesole la quale trasporta in quelle sfere misteriosamente poetiche di cui il Beato recava il segreto.
Chi potrebbe sognare niente di più dolce, niente di più delizioso delle aggraziate composizioni di questo austero domenicano, che non dipinse mai la croce del suo divin Maestro senza bagnarla con le sue lacrime?
E questo mirabile Cristo di Michelangelo ..., celebre opera del più squisito dei taciturni maestri [“sombre” in francese]. Qui c’è più ricchezza di quella che hanno molti musei! ...

In una cappella a sinistra, su un altare, ecco l’Angelo del Giudizio Universale, del Tenerani [Pietro, scultore † 1869]. Com’è bello, calmo e solennemente attento! La tromba fulminea riposa mollemente nelle sue mani. Con gli occhi al cielo, attende con dolce serenità l’augusto segnale, l’ora dell’eternità.
Immaginiamo che veda ciò che noi non vediamo, le cose del paradiso, ed è triste come un esiliato.
A destra dorme in marmo Leone X, i cui otto anni di pontificato furono tanto gloriosi in Italia. Nelle vicinanze è il monumento dell’umile Clemente VIII che pregò Dio di metterlo a morte se la sua elevazione al soglio non fosse stata di beneficio alla Chiesa. Fu lui a riportare Enrico IV di Francia alla fede cattolica.
Ma, tra tante famose tombe, quella che più dolcemente sa ricondurre le anime è la modesta pietra di questo pio figlio di Domenico, del Beato Giovanni da Fiesole, noto sotto il nome di Beato Angelico, la cui immortale fronte è circondata dalla doppia aureola di santità e di genio. Lo stesso papa Martino V ne compose l’epitaffio: “La mia gloria non è di essere stato come un secondo Apelle, ma, o mio Salvatore, per aver consacrato ai poveri, tuoi amici, il frutto delle mie fatiche. Altre, infatti, sono le opere del cielo, altre sono quelle della terra. Io, Giovanni, il fiore d’Etruria, che mi ha dato la vita”.

Attraversando la sagrestia (con permesso speciale del priore generale dell’Ordine), arrivo alla stanza occupata a Roma da Santa Caterina da Siena che qui morì.
Le pareti del suo appartamento formano una graziosa cappelletta adorna di antichi dipinti del Perugino; il suo ritratto è sull’altare, vivente. Il candore del suo viso è uguale a quello degli abiti con cui è vestita, e i suoi occhi sembrano rossi per le lacrime che versò continuamente per i peccatori. Emana da questo oratorio un non so quale crudele fragranza d’innocenza e di carità che profuma l’anima e la trasporta nelle regioni celesti.
Il corpo della Beata Caterina riposa sotto l’altare della chiesa dei Predicatori, dove non ha cessato, da cinque secoli, di essere oggetto dei più splendidi omaggi.

Tali sono, a gran tratto, i tesori di Santa Maria Sopra Minerva.

Me ne stavo andando, dolcemente impressionata, quando il suono di voci lugubri che cantavano a tempo, mi ha condotto verso altri pensieri. Era un defunto che veniva portato in chiesa. Non conosco niente di più veramente lugubre di un funerale a Roma; più uno è ricco, più tardi avviene il trasporto. Immaginate una bara scortata da diverse centinaia di monaci, tutti vestiti di bigello [“bure” in francese, stoffa grezza grigiastra], con la testa immersa in una specie di sacco che lascia intravedere solo gli occhi, ciascuno con in mano, in segno di lutto, una candela gialla; poi vengono i parenti, gli amici e i poveri e, a chiudere il corteo, gli equipaggi del defunto tutti con il crespo. In mezzo a questa schiera di lacrime, piccoli romani che corrono, si battono per raccogliere in grossi coni di carta qualche goccia di cera sfuggita passando; tutto questo nell’orrore di una notte illuminata solo dalle mille luci tremolanti delle candele che spesso si spengono.
È una scena che si può vedere solo in Italia e che dà un po’ di emozione.
Il defunto poi viene posto davanti all’altare, dove rimane solo con il suo Dio e il giorno dopo termina il triste sfarzo del funerale.
Oh ! Roma è la città degli afflitti per eccellenza! ... Tutti quelli che piangono possono andarci, alcuni prima di essere consolati. Non conosco una sola sofferenza dell’anima o del cuore per la quale non si trovi qui un balsamo divino. Ho avuto la felice e dolce esperienza: lettori, che siete stati provati dal dolore, fatelo anche voi!».

Traduzione di Paola Ircani Menichini,
23 ottobre 2021.